Dopo il grave episodio di via
Imbriani che lascia presumere un regolamento di conti legato al controllo dello
spaccio, purtroppo l’ennesimo di una lunga lista, come i tanti furti in
abitazione, le spaccate nei bar e negozi, i tanti, troppi, quartieri che dal
tramonto all'alba diventato teatro di spaccio sfrontato, ecc., senza
dimenticare le infiltrazioni della criminalità organizzata, si è acceso,
giocoforza, il dibattito politico, e non solo, attorno al tema sicurezza.
A Parma, come in tutte le città italiane, sempre
più spesso i cittadini si rivolgono alle amministrazioni locali, e sempre meno
alle istituzioni nazionali, nel chiedere più sicurezza. Inoltre, ci si chiede,
anche con dibattiti aperti, se il sentimento di insicurezza dei cittadini, e la
conseguente domanda di sicurezza, sia dovuto più ad una sensazione/percezione
alimentata da una concausa di elementi, ovvero sia dovuto ad un reale aumento
di tutti quegli episodi illeciti e di microcriminalità configuranti veri e
propri reati.
I tanti fatti criminali, così come
riportato dalla cronache cittadine, lasciano pensare che, oltre alla aumentata
percezione di insicurezza soggettiva, legata anche al mutare della società,
forse un reale problema di sicurezza oggettiva c’è e andrebbe affrontato con
misure incisive da parte del Governo.
Per quanto le Istituzioni, centrali
e periferiche, tendano a smorzare la portata di tali episodi, criminalità diffusa
(che, si badi bene, non significa forme
di criminalità allarmanti per gravità dei singoli reati, quanto per diffusione
sul territorio, persistenza e frequenza) e micro-criminalità sono ormai
normale routine e non si può più nicchiare davanti a le legittime richieste di
maggiori controlli, imputando al degrado ed alla inciviltà la paura di essere le
prossime potenziali vittime, ma bisognerebbe piuttosto prendere atto della
realtà e intervenire in merito.
La combinazione di fattori quali la
congiuntura economica, il flusso migratorio in costante aumento, la gravissima
carenza dell’intero sistema della giustizia e la mancanza totale della certezza
della pena da un lato, e i continui tagli lineari al comparto sicurezza dall'altro,
hanno contribuito ad aggravare pesantemente il quadro. Su quest’ultimo punto,
il caso dell’Audi gialla con a bordo tre criminali che hanno tenuto in scacco
il nord-est, risulta alquanto emblematico.
Altro aspetto da non sottovalutare riguarda
i limiti legislativi che le autonomie locali oggi hanno.
Come sottolineato dall'assessore Casa e dal sindaco del comune di Noceto Fecci nelle loro lettere al Ministro Alfano, senza un
intervento legislativo mirato e concreto, poco possono fare le Istituzioni
locali per incidere sulla sicurezza e sulla percezione che il singolo cittadino
e i gruppi sociali hanno di essa.
Rafforzare il potere delle
amministrazioni locali, anche tramite un incremento del potere sindacale attraverso
le ordinanze, unitamente allo scorporo delle voci di bilancio per le spese del
settore sicurezza, ivi compresa la possibilità di rafforzare gli organici delle
Polizie Locali, e ad un maggiore riconoscimento del ruolo svolto dalle Polizie
Locali nel contrasto alla microcriminalità, “sempre più considerate di serie C dal Governo rispetto alle altre forze
dell’ordine” –secondo il sindaco di Catania e Presidente del Consiglio
nazionale Anci Enzo Bianco[1] - aiuterebbe
a sgravare le forze di Polizia dello Stato (dal rilievo degli incidenti, al
contrasto alla microcriminalità) ed a rafforzare quel sistema integrato di
sicurezza che vede coinvolti più attori (dalle forze di polizia alle
associazioni culturali, passando per le amministrazioni locali e i loro Corpi
di polizia locale). Purtroppo, si constata l’opposta direzione intrapresa dall'attuale Governo se consideriamo le ultime disposizioni normative che
incidono pesantemente e negativamente sulla gestione della P.L., come le leggi
190/2014 e 125/2015 che rendono impossibile qualsiasi assunzione di agenti di
P.L. fino a totale esaurimento della graduatoria per il collocamento degli
esuberi provinciali[2].
Da ciò consegue l’impossibilità per i Comandi di potenziare i servizi,
soprattutto quelli notturni, a causa della grave carenza organica patita; negli
ultimi 5/6 anni mediamente i Comandi, così come quello di Parma, hanno visto
ridotte del 25-30% le risorse umane. Paradossalmente, di contro, per gli altri
settori degli Enti, le assunzioni, nel rispetto del turn over, risultano essere
possibili.
Allo stato attuale, Sindaci e amministratori
locali pagano colpe spesso non loro. Ovviamente, a causa di un quadro normativo
lacunoso e vetusto che disciplina la Polizia Locale (in seguito P.L.), a farne
le spese e ad essere oggetto di pesanti critiche è anche quest’ultima, ritenuta
diretta responsabile di mancati interventi dovuti a mancanza di volontà, se non
addirittura codardia, ignorando il fatto che simili interventi esulano dalla
volontà dei singoli agenti, i quali sono obbligati ad osservare le disposizioni
di servizio e le direttive di indirizzo impartite dai rispettivi Comandi di
appartenenza.
Con un quadro normativo che
disciplina la P.L. vecchio di trent'anni[3], appare
evidente l’impossibilità di rispondere con efficienza ed efficacia alle
esigenze dei cittadini, mutate unitamente alla realtà sociale; ciò, nonostante
l’innegabile apporto in termini di interventi e di obiettivi che negli anni,
nel tentativo di tenere il passo, la Polizia Locale è stata chiamata a svolgere
e perseguire.
Tale legge, a giudizio unanime
lacunosa, vetusta e poco chiara, pur mutando la definizione da Vigili Urbani a
Polizia Locale/Municipale, ha lasciato fuori dal comparto sicurezza la stessa
P.L. senza neanche la previsione di un comparto separato all'interno degli Enti
Locali. In termini di legge, un Ufficiale/Agente di P.L. è un dipendente dell’Ente
investito della qualifica di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza,
quest’ultima con funzioni ausiliarie. Nell'esercizio delle proprie funzioni, a
seconda delle esigenze congiunturali, viene chiamato a svolgere le mansioni
proprie degli appartenenti alle Forze di Polizia dello Stato pur essendo
considerato dal Governo un impiegato semplice. A titolo esemplificativo, per
far capire la grave disparità di trattamento rispetto agli uomini appartenenti
alle forze di polizia, possiamo citare l’ennesimo schiaffo che l’attuale
Governo ha riservato ai 60.000 operatori di P.L, ossia il bonus di € 80,00, di
cui all’art. 1 comma 972 della legge di stabilità, in favore degli appartenenti
alle Forze di Polizia dello Stato, ai Vigili del Fuoco, alle Capitanerie di
Porto, alle Forze Armate, ai volontari della Croce Rossa, ecc., impegnati a
vario titolo al potenziamento del controllo del territorio disposto a seguito
degli attentati terroristici di Parigi, ma che vede esclusi proprio gli uomini
e le donne della P.L. nonostante siano la prima Polizia di Prossimità in
termini numerici. Ma non bisogna dimenticare che l’articolo 6 del Decreto Legge
201/2011-c.d. Salva Italia- ha tolto agli appartenenti alla P.L. gli istituti
della causa di servizio, equo indennizzo e pensione privilegiata, per cui, se
due agenti, uno della P.L e uno della Polizia di Stato, che come tutti gli
appartenenti alle forze di Polizia dello Stato ha mantenuto la tutela di tali
istituti, impegnati in uno dei tanti servizi congiunti, a causa di un evento
violento connesso al servizio riportino infortunio uguale, l’agente di P.L.
rimane scoperto da qualsiasi tutela, rischiando financo il licenziamento in
caso di inidoneità alla mansione, l’agente della Polizia di Stato vedrebbe
riconosciute tutte le sacrosante tutele. Tanti oneri e pochi o nessun onore.
Tale disparità, non riguarda solo
la P.L. rispetto alle altre FF.OO., ma è altissima anche fra i vari Corpi e
Comandi del territorio nazionale. Non si compie un azzardo nel momento in cui
si definisce l’insieme normativo che disciplina la P.L. un assurdo giuridico
che, di conseguenza, porta a diverse storture; una fra tutte è la spiccata
diversificazione di trattamento, di dotazione strumentale e di formazione a secondo
della Regione, Provincia o Città di appartenenza. Diversificazione che si
manifesta anche, e soprattutto, nelle mansioni e nelle operatività dei vari
Corpi. Per queste ragioni, vi sono Comandi organizzati e indirizzati dalle
amministrazioni di riferimento al contrasto della microcriminalità, e anche a
quei fenomeni criminali più importanti, con ottimi risultati in termini di
interventi e operazioni (si pensi al Comando di P.L. Milano[4],
ovvero al Comando di P.L. di Rimini che, con l’operazione denominata “Kebab
Connection” durata mesi di indagine con appostamenti, intercettazioni
ambientali e telefoniche, ha eseguito 57 arresti, in ottemperanza all’ordine di
custodia cautelare in carcere, e sequestrato vari quantitativi di droga e armi[5]),
e Comandi organizzati e indirizzati a svolgere le mansioni prettamente
amministrative espressamente previste dalla legge, privilegiando, magari,
quelle attività sanzionatorie che, visti i continui tagli del Governo Centrale,
male non fanno.
Questa diversificazione operativa è
anche figlia della scarsa chiarezza della L. 65/86 cui prima si accennava e
che, oltre alle problematiche fin qui enunciate, pone in capo alle
amministrazioni locali -a norma
dell’art. 2 che recita testualmente: “Il sindaco
o l'assessore da lui
delegato, nell'esercizio delle funzioni
di cui al precedente articolo 1, impartisce le
direttive, vigila sull'espletamento del
servizio e adotta
i provvedimenti previsti dalle
leggi e dai regolamenti”-
un grandissimo potere di indirizzo sulle PP.LL., come è giusto che sia, ma che
spesso e volentieri risulta essere una vera e propria ingerenza che finisce per
ledere quel principio di autonomia operativa della P.L. previsto dalla legge.
Così come le nomine dei Comandanti di Polizia Locale che spesso avvengono ex
art. 110 TUEL e che vedono alla guida dei Corpi anche persone senza un solo
giorno di sevizio in divisa della P.L. alle spalle. Inoltre, a riprova della
scarsa chiarezza, basti pensare che per dissipare il dubbio sulla competenza
materiale della qualifica di polizia giudiziaria attribuita agli
Ufficiali/Agenti di P.L., è dovuta intervenire più volte la Cassazione che, con
le varie sentenze in materia, ha chiarito la competenza piena per tutte le
fattispecie di reato previste dal codice penale.
A conferma del fatto che la P.L è
attore indispensabile nel garantire la sicurezza urbana e una civile
convivenza, anche quando interviene in sostituzione, in appoggio o per sgravare
(come per i rilievi degli incidenti) le forze di Polizia dello Stato,
riportiamo sinteticamente gli ultimi dati Anci sull'attività delle Polizie
Locali:
“Nel
solo 2014, grazie alla polizia locale,
stando alle 161 grandi e medie città e ai corrispondenti 21.000.000 di italiani
oggetto del rapporto, si
sono prodotti servizi e sicurezza per 1.300 arresti, 211.000 indagini di polizia giudiziaria, 154.000
incidenti rilevati, 4.500 scuole oggetto di corsi di educazione stradale,
40.300 patenti e carte di circolazione sequestrate, 268.000 controlli ambientali
e commerciali, 245.000 attività di pubblica sicurezza e sicurezza urbana […][6]”.
Leggendo
tali dati, risulta ancor più incomprensibile la ritrosia dei vari Governi, e in
misura ancora maggiore dell’attuale, a riformare questo settore aggiornando ai
tempi odierni anche i compiti e le mansioni della P.L., prevedendo, altresì, la
possibilità per gli Enti Locali di procedere con le dovute assunzioni atte a
ricompensare le gravi carenze organiche.
Una
riforma della legge 65/1986, legge quadro che disciplina la Polizia Locale, è
quanto mai necessaria.
Se
consideriamo che la P.L. non ha accesso alle banche dati CED del Ministero
quali: SDI, AFIS, ecc., i dati sopra riportati acquistano una valenza ancora
maggiore, lasciando presupporre che con una giusta valorizzazione della P.L. i
risultati potrebbero essere ben maggiori. Il non poter accedere a tali banche
dati, infatti, fa sì che alla P.L venga meno la possibilità di controllare i
precedenti di una persona, venendo meno la possibilità di verificare se il
soggetto che si sta controllando sia un pericoloso criminale, un evaso, un
ricercato, ecc., o magari, più semplicemente, se si abbia a che fare con un
soggetto in regime di custodia cautelare come gli arresti domiciliari o gli
obblighi di dimora. O ancora, se a seguito di un incedente, i conducenti
coinvolti abbiano o meno precedenti specifici per guida in stato di ebrezza o
sotto l’effetto di stupefacenti. Si pensi alle indagine delegate dalla
Magistratura condotte senza l’ausilio delle banche dati, oppure al semplice
dato riguardante i controlli stradali (in gergo posti di blocco) effettuati
nelle aree urbane che vedono la P.L. al primo posto, è facilmente immaginabile
l’alta percentuale di casi in cui il soggetto con a carico pendenze, abbia
ringraziato, salutato e ingranato la marcia verso nuove scorribande, però,
magari ricevendo una qualche sanzione. Anche sostituti Procuratori si sono
espressi in materia invocando l’accesso alle banche dati anche alla P.L.[7]
Se
foste un imprenditore, fareste lavorare buona parte dei vostri lavoratori, in
forma e produttivi, con gli occhi bendati e con gli strumenti di lavoro non
utilizzabili perché sotto chiave?
Per
tali logiche motivazioni, una riforma seria e radicale, non può che giovare al
cittadino, infatti, tutte le persone interpellate e a cui è stato spiegato
l’attuale ordinamento, si sono dichiarate favorevoli ad una riforma. Una
riforma radicale è non più procrastinabile, anche per restituire dignità e
tutele agli uomini e alle donne che vestono tale divisa, uomini e donne che
troppo spesso sono state vittime, a livello nazionale, di campagne mediatiche
prive di scrupoli che hanno messo maggiormente a rischio gli operatori.
Come
accennato prima, la Polizia Locale non gode di nessuna tutela assistenziale
riconosciuta alle altre forze di Polizia dello Stato. E se è innegabile l’impegno
profuso dagli operatori di P.L. nel compartecipare alla sicurezza delle città,
è altrettanto vero che non si può negare a quest’ultimi le tutele e le
protezioni previste per gli appartenenti al comparto sicurezza. La P.L. risulta
essere la terza divisa maggiormente aggredita[8],
con centinaia di agenti che a seguito delle quali ha dovuto ricorrere alle cure
mediche. Le aggressioni ormai si registrano ogni giorno. Sapere di dover
contare su se stessi in caso di infortunio grave, perché la legge non ti
riconosce più la causa di servizio, è davvero demoralizzante. A ciò si aggiunga
anche la diversa posizione pensionistica. In estrema sintesi: pagati e
riconosciuti come amministrativi ma usati come poliziotti.
Io
speriamo che me la cavo (cit.)
Nessun commento:
Posta un commento